Vi raccontiamo quello che abbiamo rilevato dei fenomeni della prostituzione e tratta ai tempi del Covid-19

Barbara Maculan, Presidente di Equality, racconta al Gazzettino di Padova il panorama della prostituzione e della tratta di esseri umani a Padova, quali le caratteristiche e i mutamenti dagli ultimi anni ai giorni del COVID19.

– Prostitute “invisibili”, ora è allarme virus –

[….] Giovanissime, ma non solo. Straniere, ma anche italiane. Diverse ma accomunate dallo sfruttamento: imposto dalle organizzazioni criminali, ma anche da una vita ai margini. Sono quelle che il gergo tecnico definisce lavoratrici sessuali, le vittime della prostituzione e dell’ombra nera che la sorregge, la tratta degli esseri umani. Della prostituzione ci si lamenta tanto ma si sa poco. E allora cosa è nel 2020 la prostituzione a Padova? E cosa è diventata con il Coronavirus? Sentinelle vigili e discrete sono i membri della cooperativa Equality che, con l’associazione Mimosa e nell’ambito del progetto Nave, si occupano di questo fenomeno. La prostituzione è per lo più figlia della tratta, che recluta le donne all’estero e le porta in Italia con potentissime organizzazioni criminali. Solo una minima parte delle donne che si prostituiscono non sono schiave della tratta, ma non di meno sono vittime. Lo fanno su pressione delle famiglie o per scelta, sempre tuttavia veicolata da situazioni di grande emarginazione. «La prostituzione negli ultimi anni ha vissuto cambiamenti epocali spiega la presidente di Equality, Barbara Maculan – con l’avvento di internet, la globalizzazione dei mercati e di conseguenza degli interessi e aree d’azione dei gruppi criminali, ma anche con l’annessione all’Unione Europea di Paesi come Romania e Bulgaria».

La distribuzione

A Padova ciò si riflette in una prima, decisiva, distinzione tra la prostituzione di strada e quella indoor, nelle abitazioni. Enormi differenze riguardano anche le organizzazioni che le gestiscono e che determinano la distribuzione delle donne in strada. Le zone sono cambiate e accuratamente divise. Chi ha più potere si accaparra la vetrina migliore, dove avere visibilità per i clienti ma al riparo da occhi indiscreti, dove i residenti non possano lamentarsi e al contempo vi siano spazi per le automobili. Ecco che se un tempo l’Arcella era l’area prediletta oggi non è più così. Le donne, specialmente africane, si trovano ancora tra via da Bassano e via Aspetti, ma il grosso si è spostato verso via Po e lo stadio come pure in via Plebiscito e, soprattutto, in zona industriale. Delle 145 donne avvicinate da Equality nel 2019, 67 sono dell’Est Europa, 59 del centro Africa e in particolare nigeriane, 12 sudamericane e 7 italiane. Nessuna è risultata minore, anche se va distinta l’età dichiarata da quella effettiva. La maggior parte ha tra 20 e 25 anni, subito dopo viene la fascia 25-30. Esiste un mercato del sesso anche con donne over 40: sono per lo più italiane, spesso tossicodipendenti, che si prostituiscono al bisogno in condizioni di estrema indigenza nella zona della stazione. Tra le più anziane vi sono anche straniere che una volta ripagato il debito di tratta con gli aguzzini continuano la vita di strada. A volte sono le famiglie d’origine a imporlo tacitamente per continuare a ricevere denaro, altre volte la prostituzione è l’unica prospettiva in cui abbiano sempre vissuto.Fuori dal capoluogo l’unico altro polo della prostituzione in strada è Limena. Altrove predomina la prostituzione indoor, più complessa da quantificare e propria ad esempio delle organizzazioni orientali. Ogni etnia ha il suo decalogo di atrocità per assoldare e mettere in strada le vittime. Dall’Est l’ingresso è oggi molto più semplice e le ragazze vengono adescate con la promessa di un lavoro vero e poi stipate in appartamenti sovraffollati o costrette a versare affitti esorbitanti ai loro carcerieri. Dalla Nigeria le donne arrivano da clandestine con la traversata per i lager libici e il Mediterraneo. Alcune vengono prima sfruttate nei campi, altre usate come corrieri della droga e poi riversate in strada.

L’assistenza

Equality le avvicina offrendo la possibilità di ricevere assistenza sanitaria. Una pratica curiosamente apprezzata dagli sfruttatori che ben sanno come la merce sana renda meglio. «Non hanno paura che scappino perché il debito, le minacce, addirittura i riti di magia nera le tengono legate a loro. Sono donne che devono mantenere la famiglia e non hanno altro orizzonte aggiunge Maculan talvolta neanche si rendono pienamente conto di essere schiave». Il Covid ha reso il fenomeno ancor più difficile da monitorare. «A inizio marzo le ragazze stavano in strada con la mascherina, poi sono sparite aggiunge la presidente – si sono organizzate con l’indoor e per monitorarle stiamo mappando siti, annunci e i blog in cui i clienti si scambiano informazioni. Inizialmente le abbiamo informate sulle norme anti contagio ma ora, anche se non ci fermiamo mai, siamo preoccupati. Sono diventate ancora più invisibili». Altra categoria sommersa è quella delle prostitute transgender che da uomo affrontano la transizione per diventare donna. Un mercato che rimane richiestissimo, con donne caraibiche o sudamericane che oltre al dramma dello sfruttamento vivono discriminazioni acute e costanti. Ad aver subito profondi cambiamenti è poi la prostituzione maschile, un tempo presente tra il Portello e la Fiera e rivolta al mercato omosessuale [….]

Serena De Salvador

L’articolo completo è pubblicato sul Gazzettino di Padova – Lunedì 18 Maggio 2020